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Il "Discorso sull'ineguaglianza" sembra scandito, come una via crucis, in una serie di tappe che dall'aurora dell'umanità condurrebbero direttamente alle tenebre del dispotismo: l'assoggettamento alle comodità della vita domestica, il trionfo della vanità, la strutturazione dei rapporti di dominio, la trappola di un patto iniquo, la concentrazione del potere nelle mani di una casta privilegiata e infine del solo tiranno. Come mostra questo libro, la linearità apparente di questa traiettoria è tuttavia contestata dal contrappunto di una serie di sentieri interrotti, da una temporalità plurale nella quale i tempi si accavallano, si intrecciano, collidono. È la storia dell'affetto e della libertà che cementano la famiglia; la storia del desiderio di stima e rispetto che fissa i primi doveri della civiltà; la storia dell'eroe che in nome della comunione delle terre contrasta la loro recinzione o del brigante che si sottrae alla servitù del lavoro salariato. È la storia dell'uguaglianza che salva chi sa custodirla dal reciproco asservimento di proprietari e nullatenenti e, soprattutto, la storia della democrazia, dei popoli soggetti unicamente alle leggi che loro stessi si sono dati, risollevati dall'avvilimento della tirannide al costo del sacrificio delle comodità e della vita. È la storia delle eccezioni che infrangono la linearità della caduta e rendono visibili le possibilità sepolte ma mai annientate dall'avanzata dell'ineguaglianza.